Cervinia, ultime curve d’estate: il senso dell’impianto estivo

– Chiamatelo sci estivo, pre-invernale o sci delle mezze stagioni, ma raggiungere una pista da sci in un periodo “off peak” è un’esperienza che tutti dovrebbero provare. Lo sci estivo è un capitolo glorioso della nostra storia, immortalato da mille affiches fra giacche multicolore e pastosi stick per le labbra. Oggi il suo appeal è indubbiamente più contenuto nei numeri, ma non meno importante. Gli anni del boom raccontano di un drappello di località sciistiche italiane sempre “aperte per ferie”, fra sciatori innamorati ed incalliti perfezionisti della curva, pronti ad immatricolarsi, per una settimana o pochi giorni, a queste “università” dello sci e della serpentina a caccia di un perenne inverno di emozioni bianche.

C’erano una volta anche la Marmolada e il colle del Gigante e ci sono ancora il passo dello Stelvio, il ghiacciaio del Presena e soprattutto Cervinia con Zermatt, il comprensorio più grande ed internazionale delle Alpi che del suo domaine skiable di 350 km distilla, per la bella stagione, i 27 km di tracciato fra Testa Grigia, Gobba di Rollin, il “piccolo Cervino” del Kleine Matterhorn e Trokener Steg, ovvero in confini del regno fatato di Plateau Rosà, sospeso fra le quote 2900 e 3800 metri, a cavallo con la Svizzera. Quassù non solo la storia, ma anche la moda ha fatto il suo corso: d’estate – è vero – si scia sempre meno e i cambiamenti climatici, con la cronaca quotidiana e impietosa della riduzione dei ghiacciai e del loro inesorabile scioglimento, non fanno che incorniciare un trend che, però, vede crescere, al contrario, un nuovo ruolo per gli impianti di risalita. Le località “no stop”, pur con una breve pausa di attività primaverile e poi post estiva, sono in grado di funzionare ancora 8-10 mesi l’anno. “Il nostro ruolo in queste località – spiegano da ANEF – è mutato e si rivolge non solo agli sciatori tout court, ma anche ad altre categorie di utenti, ribadendo una funzione fortemente inclusiva”. C’è chi studia, per esempio, da alpinista e vuole avvicinarsi alla montagna, usufruendo di un “passaggio”: il Breithorn, uno dei più aerei Quattromila delle Alpi – diviene così una possibile meta per le prime scalate in quota per chi sale dal Cervinia fino a Plateau Rosà.

Ma soprattutto ci sono tanti fruitori che magari, anche senza conoscere i segreti dello slalom o non avendo le competenze per affrontare un’escursione in cordata su ghiacciaio, possono in questo modo salire, in sicurezza e nel rispetto dell’ambiente, a traguardi e panorami altrimenti preclusi. L’alta quota può e deve essere anche solo “contemplata”, e non solo scalata o “conquistata”, perché il rispetto di ogni ecosistema nasce innanzitutto dalla conoscenza e dalla frequentazione dell’ambiente. Oggi Cervinia è il paradigma perfetto di questa fruizione, “boutique” nei numeri estivi, ma multipla e variegata nell’utenza. Qui, dove lo sci è stato pioniere di benessere ed opportunità per tutti, gli impianti hanno cominciato a dare un passaggio ai primi sciatori fin dagli anni Trenta. La guerra, la crisi, poi la voglia di ripartire: quella conca di pascolo del Breuil “ricca di acque” ha sempre stretto un’alleanza intelligente con i cugini elvetici di Zermatt. Arriva negli anni Cinquanta la funivia avveniristica del Furggen – sì, quella costruita in modo così aereo da dover considerare, nei calcoli, anche la curvatura terrestre – è un’impresa del passato che ha, però, spianato la via verso quell’opera di ingegneria più moderna che è stata la funivia del Piccolo Cervino e che, recentemente, ha visto nascere la sua versione rinnovata 2.0 e che nel 2021 si completerà con la funivia dell’Alpine Crossing che “chiuderà il cerchio” per viaggiare da Testa Grigia e Kleine Matterhorn anche senza sci ai piedi. La Grande Becca sta a guardare. Dall’alto dei suoi oltre 150 anni dalla prima scalata – quel 1865 della tragica avventura di Edward Whymper e compagni e poi il bis tutto italiano firmato da Jean Antoine Carrel – regge con solennità e bellezza anche gli attacchi al suo permafrost e alle sue storiche lame di roccia. Intanto però a Plateau Rosà si scia come sempre, fino a settembre inoltrato e poi di nuovo da fine ottobre.

 

Chi ha provato l’ebbrezza di un’alba energica, pur di non perdersi nemmeno una delle curve dell’estate sugli sci, sa che i colori di questa emozione virano dal viola di ore mai gelide e subito scaldate dal sole, al bianco e azzurro netto e sincero delle mattine piene sui ghiacciai. Lo sci scorre veloce sotto i piedi e passa in rassegna curve che sembrano uscite da quattro stagioni: dalla powder che segue alle pur brevi nevicate estive, al firn di una primavera d’alta quota che si ricorda di essere estate sempre dopo mezzogiorno. La giornata poi è ancora lunga, il sole alto, tintarella e buon umore sono assicurati: anche questo è una benedizione che lo sci estivo sa regalare. Il ghiacciaio dona anche molte altre emozioni: intanto offre pendenze varie mai vertiginose, semmai ampie e panoramiche. L’esatto contrario dei boschi e dei budelli che si seguono d’inverno per evitare i tracciati più esposti e battuti dal vento. Anzi, d’estate sia benvenuta ogni brezza che facilità curve e sorriso. E poi ci sono loro, i grandi campioni che, spesso si incontrano sui ghiacciai ad inizio o fine estate, intenti a rifinire il loro allenamento proprio a due curve da noi. Difficile non osservarli, più facile magari avvicinarli, e riscoprirli così più “umani”, appesi come noi allo ski lift e ad un’emozione bianca “fuori stagione” che resta dentro il cuore.

Testo a cura di Lucia Galli

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