Imu sugli impianti di risalita: venti aziende a rischio

Una sentenza della Cassazione impone alle società di pagare la tassa sugli immobili. Insorgono gli addetti ai lavori: «Siamo molto preoccupati per gli effetti che potrà provocare questa sentenza», concorda Renzo Minella, «e per questo abbiamo chiamato a raccolta i rappresentanti bellunesi delle istituzioni: a loro chiediamo di agire sul governo per individuare una soluzione».di Paola Dall’Anese

BELLUNO. Un’altra pesante tegola rischia di abbattersi sulla montagna. E a farne le spese sarà ancora una volta il comparto turistico, quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello delle Dolomiti patrimonio dell’umanità.

Una sentenza della Cassazione, infatti, rischia di mettere in ginocchio le società che gestiscono gli impianti di risalita, obbligandole a pagare l’Imu: cifre che variano dai 25 mila euro all’anno per una seggiovia a sei posti ai 50 mila per una telecabina a otto posti. Per i bilanci di queste società, già precari e soggetti all’imprevedibilità delle condizioni meteo, si tratta di un salasso insostenibile, che avrà ripercussioni negative su un comparto strategico per l’economia turistica della montagna.

L’allarme arriva da Belluno, dove ieri il presidente nazionale di Anef, Valeria Ghezzi, assieme al collega veneto Renzo Minella, ha tenuto un’assemblea straordinaria. Obiettivo: aprire un confronto con i parlamentari bellunesi e i consiglieri regionali.

La sentenza. La sentenza, destinata a fare giurisprudenza, è la numero 4541 del 21 gennaio 2015 e riguarda il ricorso dell’Agenzia del Territorio – Agenzia delle Entrate contro la società Funivia Arabba Marbolada – Sofma Spa. Il pronunciamento della Suprema Corte entra nel merito del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto dell’ottobre 2011, che affermava l’illegittimità della nuova classificazione catastale di un impianto della società. Classificazione che la poneva nella categoria non più di trasporto pubblico, e quindi esente, ma di attività commerciale e quindi soggetta al pagamento dell’Imu. Con questa sentenza, quindi, l’impianto a fune viene paragonato a un’attività commerciale. Nel caso specifico, la società Sofma dovrà sborsare i cinque anni di arretrato dell’Ici, poi diventato Imu.

L’allarme. Un precedente che, in assenza di soluzioni politiche, produrrà un effetto domino su tutte le aziende del settore. «Siamo ovviamente disponibili a pagare l’Imu sulle attività commerciali», precisa Valeria Ghezzi, «ma non sugli impianti di risalita: sarebbe come tassare le ferrovie dello Stato per le rotaie, visto che le nostre aziende, per la funzione che svolgono, sono per molti aspetti assimilabili a quelle di trasporto pubblico. Per di più, siamo costretti a pagare un’imposta su strutture che, alla fine della loro vita tecnica, dobbiamo smantellare, sostenendo anche questa ulteriore spesa».

«Siamo molto preoccupati per gli effetti che potrà provocare questa sentenza», concorda Renzo Minella, «e per questo abbiamo chiamato a raccolta i rappresentanti bellunesi delle istituzioni: a loro chiediamo di agire sul governo per individuare una soluzione che permetta alle nostre società di affrontare questa imposizione in modo equo. Altrimenti molte rischiano di entrare in crisi, se non addirittura

di chiudere, con conseguenze pesantissime su tutta l’economia turistica della montagna».

«Chiediamo alla politica misure concrete a sostegno di un comparto fondamentale per il nostro turismo», dice anche Luca Barbini, presidente di Confindustria Belluno.

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