Intervento della Presidente ANEF Valeria Ghezzi al II Convegno biennale sugli impianti a fune

Il 17 ottobre, a Rovereto (Trento), la Presidente Ghezzi è intervenuta al II Convegno biennale AIPnD sugli impianti a fune, in merito alle problematiche dei controlli non distruttivi ai fini di sicurezza “IL CONTRIBUTO DEI CONTROLLI NON DISTRUTTIVI PER GARANTIRE NEL TEMPO LA SICUREZZA DEGLI IMPIANTI A FUNE”.

Per maggiori informazioni sul programma dell’evento clicca qui.


Il contributo dei controlli non distruttivi per garantire nel tempo la sicurezza degli impianti a fune

Gli esercenti funiviari alla scadenza delle revisioni: evoluzione degli investimenti e programmazione dei lavori

Buongiorno a tutti,

grazie agli organizzatori del convegno ed in particolare l’ing. Degasperi per aver dato ad ANEF la possibilità di esprimere il proprio punto di vista.

La mia sarà una parentesi economica in un convegno tecnico ma i profili economici ed organizzativi sono essenziali per garantire il buon funzionamento di qualsiasi azienda e per affrontare gli aspetti tecnici, manutentivi e di sicurezza nel modo più efficiente possibile.

Una premessa mi pare indispensabile.

Quando si affianca il tema della sicurezza al tema della sostenibilità economica, è molto facile strumentalizzare, è molto facile ridurre i contenuti ad un semplicistico “risparmio”. Ecco perché voglio dire subito che nessun impiantista vuole banalmente risparmiare, o monetizzare gli aspetti legati alla sicurezza, al contrario! La sicurezza per noi è prodotto. La sicurezza è una parte talmente fondamentale del nostro prodotto che viene data per assodata, scontata. Mancasse la sicurezza, vi fosse anche solo incertezza, nessuno salirebbe più sui nostri impianti!! Si tratti di lavoratori o di clienti. Gli impiantisti non sono e non saranno mai alla ricerca di facili scorciatoie perché, ribadisco, senza sicurezza nel nostro settore non c’è prodotto.

Ma c’è un’altra considerazione di carattere generale, che deve essere fatta: l’analisi storica di molte realtà industriali e non, in tutti i settori, testimonia il fatto che, molto, troppo spesso, in situazioni di crisi, alcuni aspetti legati alla sicurezza sono, in modo più o meno consapevole, e forse proprio perché meno visibili, i primi ad essere sacrificati. Le aziende solide, le aziende sane, le aziende tecnologicamente più avanzate sono invece spesso anche le più virtuose sotto il profilo della sicurezza.

Con queste premesse affrontiamo ora il tema dei CND e delle revisioni.

Il tema degli investimenti necessari per mantenere un impianto di risalita in vita e sicuro al tempo stesso.

Non ritengo che possano esserci visioni differenti o diversità di obiettivi e finalità tra noi funiviari ed il ministero, i costruttori o i tecnici. Non è così, non lo è stato in passato e non lo sarà in futuro. L’obiettivo che tutti abbiamo è identico: trasportare le persone su un filo in assoluta sicurezza!!

Come raggiungere questo obiettivo e come affrontare la grande responsabilità che incombe sul nostro lavoro, come utilizzare e come valorizzare gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione, CND in primis, è forse il tema di discussione…

Quando si parla di investimenti e della loro evoluzione, non si parla solo di impianti nuovi…

Vi farò un brevissimo excursus storico:

Molti in questa sala hanno certamente vissuto, specialmente nelle realtà più fortunate dell’arco alpino, periodi nei quali alcuni impianti venivano sostituiti alla scadenza della prima revisione generale: questi sono investimenti, senza ombra di dubbio!

Non dappertutto è stato così in passato ed oggi certamente non è più così da nessuna parte. Da diversi anni ormai ci confrontiamo infatti con un’importante contrazione dei margini di guadagno, conseguente all’aumento dei costi di gestione e di investimento, ma contrazione dovuta anche alle molte nuove attività funzionali all’esercizio di un impianto a fune: cura e gestione della sicurezza sulle piste con personale appositamente dedicato, impianti di innevamento sempre più potenti per ridurre i tempi, laghi o bacini per la raccolta dell’acqua, parcheggi che spesso servono solo nei momenti di punta, ma la cui realizzazione e gestione è comunque onerosa, ed infine servizi necessari per una clientela sempre più esigente: servizi costosi.

Tutto questo ha fatto emergere nel tempo l’impossibilità di sostenere il ritmo che definirei ‘accelerato’ degli investimenti nuovi in quello che resta il nostro core business: gli impianti di risalita.

A questo si aggiunga il fatto che l’evoluzione tecnologica che ci ha portato dagli impianti ad attacchi fissi a quelli ad agganciamento automatico ha subito un rallentamento. La tecnologia oggi serve a dare più confort, più sicurezza, più servizi ed accessori… ma non sembra che vi siano più oggi (domani vedremo)proposte di innovazioni strutturali tali da fare apparire obsoleto un impianto realizzato anche solo 15 anni prima, e anche il margine per aumenti di portata è pressoché nullo (anche per la capacità ricettiva dei luoghi di destinazione)!!!

E’ inutile negare invece che oggi sono tante le stazioni, dalle Alpi alla punta estrema degli Appennini, nelle quali la necessità di smantellare completamente un impianto e sostituirlo con uno nuovo rischia di far chiudere… non l’impianto ma la stazione stessa. E chi ha la fortuna di gestire situazioni meno critiche, sa comunque di dover prestare molta attenzione all’equilibrio economico e non potere e dovere scialare.

Quanto vi ho detto è una semplice presa d’atto, certificata da una miriade di bilanci. Non è certamente, come ho già detto, un’invocazione a ridurre i vincoli ed i criteri di sicurezza.

Ma investimenti non sono solo gli impianti nuovi… La vita di un impianto di risalita è comunque un investimento continuo e continuativo: per l’impiantista si tratta di un onere che accompagna la vita intera dell’impianto fin dal giorno della messa in esercizio. Di fatto nel momento in cui viene valutato l’investimento iniziale, viene anche valutato il costo per poi far funzionare l’impianto per un congruo numero di anni. Investimenti sono infatti tutti quegli interventi di carattere straordinario, cui un impianto nel corso della sua vita è sottoposto, sia per necessità, sia per obbligo.

La necessità può derivare proprio dai continui e costanti controlli e manutenzioni che l’impiantista esegue. L’obbligo deriva dalla normativa vigente e cogente cui l’impianto è soggetto per il prosieguo dell’attività.

Alla luce di questa situazione, dobbiamo ragionare insieme in funzione di garantire, la sicurezza e la massima affidabilità possibile ovviamente e nel nostro primario interesse ma anche in funzione di unagestione razionale delle risorse, che permetta alle aziende di mantenere un sano equilibrio di bilancio.

I CND hanno certamente dato alla garanzia di sicurezza un contributo fondamentale.

Dagli anni ’80 ad oggi i CND sono sicuramente diventati più numerosi, più affidabili e sicuramente è stata fatta un’esperienza importante e costruttiva sia nel loro utilizzo che nell’analisi dei risultati.

Non è mio compito entrare nel tecnico. Ma qualche domanda a questa platea di tecnici vorrei porla, come spunto di riflessione, non come provocazione:

  • La normativa è stata modificata in funzione di questi sensibili progressi ed accogliendo questi miglioramenti? Gli impiantisti hanno potuto trarne un beneficio reale?
  • Se i CND sono in grado di dirci se l’impianto, almeno per le parti meccaniche, garantisce “le medesime condizioni (di sicurezza) realizzate all’atto della prima apertura” (DM85 art.3), (ma dico di più) se addirittura gli ammodernamenti realizzati consentono di aumentareil grado di sicurezza rispetto alla prima apertura…. Allora qualcuno spiega a me profana che senso ha la nozione stessa di vita tecnica?

In attesa di risposte convincenti vi lascio riflettere…

Veniamo ora un attimo a quello che c’è dentro una revisione…

Durante una revisione, oltre ai controlli regolari nel tempo, le parti di impianto che necessitano o che devono vengono ammodernate, e per ammodernamento si intende spesso la radicale sostituzione della parte…, e questo per un “mero” adeguamento alle novità normative. Un adeguamento alla normativa più recente che in tanti altri settori è richiesto sì, ma in modo molto meno drastico.

  • Occorre chiedersi allora se anche da noi alcune sostituzioni integrali, eseguite ‘semplicemente’ perché la normativa le impone, rispondano realmente a criteri di maggior sicurezza ‘sostanziale’… anche questa la lascio ai tecnici…

Passo ora alla programmazione dei lavori.

Per affrontare la regolare manutenzione di un impianto e le revisioni speciali e generali l’organizzazione aziendale ed il personale di cui si dispone è di fondamentale importanza.

Investire significa programmare, pena un danno così grave (l’interruzione di esercizio) da mettere a rischio la stabilità economica di società piccole e grandi.

Occorre programmare i lavori, le forniture, gli interventi di terzi, i tempi di tutto ciò, perché perdere una stagione significa perdere un anno di esercizio

Ma dobbiamo programmare anche la possibilità di imprevisti e la nostra capacità di reagire ad eventuali imprevisti, e dobbiamo programmare la possibilità che qualche controllo dia esito negativo… e dicembre arriva implacabile.

A fronte di quanto ho appena detto, negli ultimi anni il regime delle proroghe ha effettivamente aiutatonel permetterci non solo e non tanto un differimento tout court degli interventi di revisione, ma una programmazione dei lavori tale da spalmare i diversi interventi su più anni, diluendo i costi ma anche garantendo il tempo necessario ad eseguire i lavori meglio, per cura, precisione e dunque sicurezza.

E parlando di professionalità nell’esecuzione dei lavori, non possiamo non fare un cenno al nostro preziosopersonale: nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un costante upgrading della formazione del personale. Formazione di carattere specialistico di cui l’impiantista si fa carico, sia in termini monetari che di tempo dedicato. Questo anche fa parte dell’aumento dei costi di gestione. Avere personale ottimamente formato e preparato è un valore aggiunto per tutti noi. Ma, nell’ambito dei CND e più in generale delle revisioni generali, purtroppo mi pare che il contributo del nostro personale non riesca a spingersi oltre quanto fatto anche in passato. Certamente lavorando meglio, non sempre con tempi inferiori… ma di un reale risparmio nell’esecuzione dei controlli non mi pare si possa parlare…

Ora, come abbiamo visto, noi investiamo sia sull’impianto che sul personale… ma forse è doveroso oggi affrontare anche un’altra prospettiva.

Gli aspetti di carattere ecologico-ambientali.

Aspetti che ci vengono rinfacciati di continuo da una certa politica e da una certa opinione pubblica, in relazione all’uso del territorio che noi faremmo. A volte dimenticando che lungi dal danneggiare il territorio, anzi curandolo al meglio, noi creiamo occupazione e sosteniamo un’economia ed un indotto considerevoli.

Lavorare in modo ecologico e sostenibile significa innanzitutto richiedere alla tecnologia (ed ai costruttori) di metterci in grado di eseguire gli interventi realmente necessari con il minor dispendio possibile di energie e risorse. Ricordiamo che tutte le nostre lavorazioni e le nostre manutenzioni producono, come scarto, rifiuti speciali, utilizzano materiali (oli, grassi…) inquinanti. Evitiamo sprechi dovuti al fatto che dopo relativamente pochi anni i pezzi di ricambio non si trovano più e ogni intervento richiede più lavorazioni e più costi di quanto sarebbe stato disponendo dei ricambi originari. Ma spesso sembra impossibile anche avere pezzi standard: e anche questo porta un assurdo aggravio di costi (esempio: le cabine 12 posti tutte diverse anche se fornite dello stesso costruttore!!).

E su questo argomento potremmo aprire una parentesi sulla disponibilità di ricambi da parte dei costruttori: i costruttori spesso non hanno più magazzino, e per noi questo rappresenta un costo ulteriore… perché il magazzino che non tengono i costruttori dobbiamo, almeno per alcuni pezzi fondamentali, tenerlo noi!

Mi rendo conto che il tema è molto delicato e molto complesso e non si vuole in questa sede confondere rispetto dell’ambiente, sicurezza, sprechi di risorse… Sarebbe troppo facile strumentalizzare il tutto in una od un’altra direzione.

Tuttavia non si può neppure far finta che considerazioni di questo genere non vadano affrontate, con i dovuti approfondimenti e nelle dovute sedi…

E vado a concludere…

Il pubblico cui mi rivolgo, per competenza e preparazione, ben sa che il rischio “zero”, la sicurezza assoluta, non esiste in alcun luogo ed in alcun settore. Sfido chiunque a dire il contrario.

Ed allora, forse è meglio avvicinare il tema della sicurezza a quello della gestione del rischio. Se vogliamo avvicinarci allo ‘zero’ per approssimazione possiamo solo provare a gestire al meglio ogni rischio, tenendolo accuratamente sotto controllo, impiegando con competenza e professionalità quanto ci offre la più moderna tecnologia. Questo il senso anche dei CND. Dobbiamo sforzarci, tutti, di pensare, analizzare e ragionare per prevedere ed individuare le cause possibili di un rischio: non solo mettendo rimedio con norme di sicurezza, a volte inapplicabili, dopo che qualcosa è accaduto, perché è troppo tardi. Dobbiamo ottimizzare costi e benefici, per rendere la normativa più efficiente e dare agli impianti di risalita anche una migliore sostenibilità economica.

Qualcuno dirà: chi è questa per dirci come ci dobbiamo comportare….? E’ una che fa di mestiere l’impiantista e tutti noi impiantisti portiamo sulle ns. spalle per primi la responsabilità civile e penale, ma soprattutto portiamo sulla nostra personale coscienza, la responsabilità di tutto quanto succede sui nostri impianti: non è una responsabilità che affrontiamo a cuor leggero o con incoscienza e proprio per questo pensiamo che il nostro contributo a queste importanti questioni possa essere di fondamentale importanza.

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