Il rischio dell’impresa, sportivi e manager a confronto all’ultima Assemblea di ANEF

MILANO – Si rischia di più a compiere un’impresa sportiva o a fare impresa in azienda? C’è un fil rouge, anche molto resistente, che unisce le avventure imprenditoriali a quelle sportive, se si pensa al rischio inteso come calcolo e componente necessaria dell’iter che porta alla realizzazione di sogni ed obiettivi. Nello sport, nella vita e in azienda gli ingredienti del percorso verso il successo sono i medesimi e si giocano tutti nel bilanciare il superamento dei limiti e la gestione del rischio e della sicurezza. ANEF ha dedicato proprio a questo tema, lo scorso giugno, la sua Assemblea annuale, tenutasi a Cenate di Sotto presso la sede della Gewiss, azienda produttrice di soluzioni e servizi per la home & building automation.

Chiamati da Valeria Ghezzi, presidente di ANEF, a parlare di “Montagna, Sport, Tecnologia: storie di imprese straordinarie” sono arrivati in tanti, da Flavio Roda, presidente della Fisi – Federazione italiana sport invernali a Valerio Giacobbi, amministratore delegato di Fondazione Cortina 2021. Fra i relatori, grandi campioni dello sport come Hervé Barmasse, Kristian Ghedina, Sofia Goggia e Michela Moioli, oltre ad un esperto di risk management come Antonio Chialastri, pilota, istruttore di volo e docente universitario.

 

“La montagna è il nostro ‘infinito’” – ha raccontando Ghezzi, ricordando proprio i 200 anni della poesia “L’infinito” di Giacomo Leopardi. “Con questa dimensione ci confrontiamo ogni giorno, comprendendo che solo spingendosi un poco oltre, ci avviciniamo a risultati sempre più importanti”. Il concetto di sfida e coraggio si declinano anche nel mondo delle montagne: “Il nostro mondo è formato anche da realtà piccole e piccolissime che necessitano però un approccio manageriale e moderno: per questo è stato essenziale confrontarci con realtà industriali diverse, ma accomunate da priorità simili”.

A parlare di sfida, performance e limite ecco il manager del rischio, Antonio Chialastri che è partito dalla base e dall’etimologia della parola: “Rischio significa “scoglio” e implica molte sfaccettature, dal concetto di prevenzione come safety, alla security intesa come gestione della sicurezza, passando per emergency, come recupero rispetto ad eventi già accaduti”.

I grandi campioni degli sport invernali hanno illustrato la loro visione di “impresa”. Sofia Goggia, primo oro azzurro nella discesa ai Giochi 2018 ha spiegato: “Ho rischiato da giovane, ora il rischio è innanzitutto consapevolezza del limite ed osare significa calcolare fin dove ci si può spingere”.

Michela Moioli, prima italiana a vincere un oro olimpico nello snowboard cross aggiunge: “Fin da piccola cercavo il rischio. Diverse volte ho fallito proprio per rischi non calcolati, come ai Giochi di Sochi 2014 dove, per un sorpasso avventato, sono caduta, infortunandomi. Quattro anni dopo, però, posso dire di aver imparato la lezione”.

Hervé Barmasse era una promessa dello sci alpino e della discesa, che ha lasciato per un infortunio. Quella che sembrava una resa è stata la sua grande occasione che lo ha reso uno dei più raffinati interpreti dell’alpinismo, impegnato in un’azione di sensibilizzazione verso il rispetto della montagna. “I rischi vanno sempre ponderati, ma si deve anche imparare a rischiare perché la vita ci impone la necessità di prendere delle decisioni per proseguire”.

A chiudere, rilanciando il futuro prossimo delle nostre delle montagne che passa anche dai Mondiali di sci alpino di Cortina d’Ampezzo 2021, è Kristian Ghedina, il più forte discesista della nazionale azzurra negli anni Novanta, oggi ambassador di Cortina 2021. Leggendarie le sue vittorie quanto i suoi exploit, come la spaccata in volo, sulla Streif di Kitzbhuel: “No risk, no fun è sempre stato il leit motiv della mia vita. Ho avuto una carriera fantastica – con 167 gare, senza mai saltare una stagione – perché ho sempre dosato rischio e calcolo. Questo era il mio obiettivo: al di la dei risultati, sapere di essermi sempre messo alla prova”.

 

Testo a cura di Lucia Galli

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