La fune, una storia in salita

Dalle “manovie” agli impianti ecosostenibili di nuova concezione: un lungo viaggio che dura tutt’ora

Quando sono nati gli impianti a fune? Come è proseguito il cammino di quella che è una parte integrante della montagna? Ripercorriamo gli anni di innovazioni e cambiamenti con questo contributo, pubblicato sul numero 730 della rivista quindicinale Sciare Magazine, che traccia la storia delle funi.

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Lo sci è un’attività antichissima, che risale alla preistoria. Quanto agli impianti a fune, anch’essi hanno radici nel passato: a Danzica, ad inizio ‘600, era in funzione la prima funivia monofune in canapa, legno e vimini. Ma è solo quando queste due invenzioni apparentemente distanti si incontrano che comincia la nostra storia. Nascono il sistema sci, il circo bianco, il turismo di montagna in inverno. E ancora, gli skipass, le settimane bianche, l’agonismo, il divertimento, l’emozione di una discesa. Tutto questo è stato possibile grazie a nuove tecnologie, come le funi in acciaio trafilato, e soprattutto alla “scoperta” del tempo libero – ed eravamo già all’inizio del ‘900, in piena Belle Époque.

In quel clima di esaltazione e progresso bisognava dare slancio a un’idea innovativa: la fune sarebbe servita a trasportare anche gli sciatori, permettendo loro di coprire dislivelli di centinaia di metri in poco tempo e in sicurezza, adattandosi alla topografia del territorio e sorvolando ostacoli.

Nel mondo, la prima funivia per il trasporto pubblico collegava Bolzano al Colle: correva l’anno 1908. Ma la prima grande cabinovia ad ammorsamento automatico arrivò solo nel 1930, a Friburgo, in Germania. Cabine da 26 persone si agganciavano e sganciavano direttamente nelle stazioni. L’impianto poteva funzionare a moto continuo o a “va e vieni”, con due cabine che si alternavano a monte o a valle.

Le prime “manovie” made in Usa – i viaggiatori si afferravano alla fune – vennero superate dalle sciovie realizzate dall’ingegnere svizzero Constam: il suo primo impianto vide la luce a Davos, nel 1934. Le barre di metallo di questi primi skilift potevano essere a forma di “J”, per il trasporto di una persona sola, o ad “àncora”, per due persone. In Italia i primi impianti arrivarono nel 1936, in Val Gardena, a Madonna di Campiglio, a Cortina d’Ampezzo, a Cervinia. Un esperimento interessante furono le slittovie, grandi slitte su cui potevano accomodarsi da 15 a 30 sciatori, trainate dalla fune. Nel frattempo nacquero le prime seggiovie, destinate a sostituirle: in Italia il primato spetta a quella di Corvara, in Alta Badia, collaudata nel 1947.

La fine della seconda guerra mondiale finalmente dà a queste tecnologie la visibilità che meritano e permette a un nuovo pubblico di scoprire la montagna in inverno. Compaiono le prime seggiovie ad ammorsamento fisso, con portate dalle 200 alle 400 persone all’ora, che daranno un forte impulso allo sci. Il boom economico degli anni ’60 non fa che accrescere questa tendenza.

Oggi gli impianti hanno capacità di trasporto anche di 3600 persone all’ora. Se sciovie e seggiovie sono monofune, le cabinovie possono essere sia mono che bifune, mentre i modelli funitel o aerial tramway sono bi o trifune.

Ed è proprio la tipologia “3S”, con due funi portanti e una traente a rappresentare una delle più interessanti novità degli ultimi anni.

Con il progresso si sono fatte strada altre necessità oltre a quella, evidente, di portare il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Il tema ecologico si è fatto pressante. Sostituire gli impianti esistenti con altri di nuova concezione permette di ridurre significativamente gli sprechi di risorse naturali e di implementare l’utilizzo di energie rinnovabili.

La sostenibilità ambientale è oggi un parametro fondamentale nella concezione degli impianti: un esempio è Skyway Monte Bianco, a Coumayeur, pensata per incrementare l’efficienza energetica e ridurre i consumi.

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